La natura, la storia e la leggenda: dietro casa nostra
Alle pendici dell’antico Vulcano Vicano, prima che il terreno si metta dolcemente a salire tra noccioleti e boschi di castagno verso la linea di cresta dell’enorme caldera che contiene l’acqua del lago, sorge una delle contrade più belle e misteriose del territorio capranichese: Le Querce d’Orlando.
La via Cassia romana attraversava un tempo questa località, proveniendo da Sutri, dritta come un fuso. Il suo tracciato, infatti, disegnava sul terreno un solo unico, prodigioso rettilineo della lunghezza di circa cinque chilometri, puntando decisamente verso la grande pianura dell’Etruria meridionale, per svoltare infine verso nord solo dopo l’odierna Vetralla.
In questo luogo, tra le fronde dei noccioli – le piante che più di ogni altra caratterizzano il paesaggio agrario di Capranica – emergono improvvisamente dal verde tre manufatti di laterizio e pietra che da tempo immemorabile legano la loro esistenza a quella del nome del prode Orlando, paladino di Francia: le Torri d’Orlando.
Al di là del suggestivo toponimo, le Torri non sono altro che due monumenti funerari romani risalenti all’epoca repubblicana, a cui si aggiunge una torre campanaria medievale, unica testimonianza rimastaci di un’antica abbazia: Santa Maria in Campis.
Tra i vecchi sassi di tufo si staglia, possente e pieno di vita, un meraviglioso esemplare di Roverella (Quercus pubescens Willd) che – cresciuta su un cumulo di terra, probabilmente un resto di laterizi e pietre – supera oramai in altezza la vicina torre campanaria medievale, dominando il paesaggio d’intorno. Ai suoi piedi, un cippo di tufo e laterizio indica il percorso della Via Francigena ai pellegrini che ancora oggi, numerosissimi, si recano a Roma percorrendo a piedi l’antica via di fede.
Secondo una suggestiva leggenda, durante il viaggio verso Roma per ottenere l’approvazione del Papa al suo matrimonio segreto con Milone, generale privo di blasone nobiliare dell’esercito franco, sotto le fronde di questa quercia, o sotto quelle delle piante poste nel mezzo di un enorme campo di grano, qualche centinaio di metri oltre, vi avrebbe fatto sosta Berta, la sorella di Carlo Magno, il re dei Franchi.
Presa improvvisamente dalle doglie del parto, la puerpera vi avrebbe dato alla luce un bellissimo bimbo dalla testa ricoperta di riccioli biondi.
Ebbene, la stessa leggenda narra che mentre la dolce mamma accudiva il figlioletto sotto la calma fronda della pianta, inavvertitamente se lo fece scivolar di mano, tanto che il piccolo cominciò a rotolare sull’erba del pendio digradante verso sud-est. Berta cercò allora di richiamare l’attenzione del marito Milone, gridando in francese, la sua lingua: – Oh! Milon! Le petit rouland!, cioè : – Oh! Milone! Il piccolo rotola! Ma la testa del bambino era così pesante che il piccolo rotolò rovinosamente per centinaia, per migliaia di metri, fermandosi ben oltre l’odierna città di Capranica.
Fu così che al piccolo venne dato il nome di Orlando (o Rolando), perché rotolando diede origine alla valle che ancora oggi è percorsa dal torrente Rotoli (dal verbo rotolare, appunto), e che dalla Valle dei Santi scende fino oltre la sorgente di San Rocco. Ed è per questo motivo che la quercia dove Berta si lasciò cadere di mano il piccolo Orlando, con le sue piante sorelle, prendono ancora oggi il nome di Querce d’Orlando.