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Le premesse per un discorso importante. Anche nel verde

Economia circolare, sostenibilità, ambiente, effetto serra… E ancora SDGs, green, greenwashing, riciclo. Quante volte e quanto (troppo spesso!) ne sentiamo parlare?! E per fortuna, potremmo anche dire!

Tra queste ci sono alcune delle parole chiave sulle quali si potrebbero basare le soluzioni per salvare il Pianeta o – ancora meglio – l’uomo. La Terra e i suoi ecosistemi troveranno di nuovo il proprio equilibrio e su questo la Natura ci insegna tutti i giorni come. 

Per necessità e/o per etica, bisogna cambiare direzione e intraprendere la strada contraria a quella che stiamo percorrendo, tornare al principio secondo cui l’uomo è parte dell’ecosistema e non al di sopra di esso, cioè scivolare dall’EGO-centrismo all’ECO-centrismo. Si può e si deve provvedere a costruire un futuro che sia sostenibile, cioè garantire alle generazioni future lo stesso tenore di benessere di quelle attuali [Rapporto Brundtland, 1987].

Le risorse che la natura ci offre, soprattutto quelle dette non rinnovabili, sono limitate per natura e per definizione; e il loro tasso di estrazione e utilizzo sta crescendo a dismisura. Infatti, ogni anno quello che viene definito Overshoot Day, ovvero il giorno in cui l’uomo ha già esaurito tutte le risorse disponibili per 365 giorni, viene anticipato di un mese. Già queste prime righe servono da incipit a una profonda e seria riflessione.

Ma torniamo all’inizio di questo testo: cosa significa economia circolare?

Dare una definizione univoca di economia circolare risulta essere riduttivo. Per economia circolare si può intendere un modello economico che pone le radici sul concetto dalla culla alla culla, ossia un modello di produzione e consumo basato sulla condivisione, il prestito, il riuso, il riciclo, la riparazione, l’ecodesign.  Si supera perciò lo schema del take, make and dispose: schema tipico dell’economia cosiddetta lineare e del consumismo sfrenato.

L’economia circolare implica quindi un’economia che sia condivisa, che lasci alle spalle il concetto di mera proprietà e abbracci invece quello di possesso (temporaneo) e di servizio, o – ancora meglio – di prodotto come servizio.

Si definisce altresì circolare un modello economico rigenerativo, ovvero che riproduce e imita la natura nel migliorare e ottimizzare i sistemi mediante i quali opera [Towards the Circular Economy, Ellen MacArthur Foundation].

La vita utile dei prodotti è estesa al massimo delle loro capacità tecnico-funzionali e le inefficienze, scarti e rifiuti sono ridotti al minimo, di concerto con la gerarchia (previeni, riutilizza, ricicla, recupera, smaltisci in discarica), indicata dalla direttiva europea e recepita all’interno dell’art. 179 del Codice dell’Ambiente italiano , in seguito solo Codice [D. Lgs. 152/06, noto anche come Testo Unico Ambientale o Codice dell’ambiente].

In sintesi, il messaggio è fare di più con meno!

“…e leggendo tra le righe ci si rende conto che l’economia circolare non è una novità o un’invenzione rivoluzionaria ma è semplicemente l’aver messo per iscritto un modo di pensare, di agire e di produrre che all’interno delle nostre case noi tutti, almeno una volta, abbiamo praticato con semplici gesti”.

Sempre nel Codice troviamo la definizione di rifiuto, indicato come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Rifiuto che nel tempo diventa oggetto di discussioni, dibattiti, sentenze e modifiche sulla soggettività oppure sulla oggettività di associare o meno il termine stesso a beni e prodotti. In sostanza: quello che è rifiuto per me può non esserlo per te, e viceversa.

Vengono superati i concetti di obsolescenza programmata e di semplice gestione dei rifiuti, quest’ultimi da intendersi ormai come beni di oggi e come risorse del futuro. Hai capito bene: risorse e non rifiuti, certamente che al contempo non costituiscano una minaccia per l’ambiente e per la salute umana e che non contrastino con l’ordinamento legislativo italiano e sovranazionale.

Una più concreta applicazione dei principi cardine dell’economia circolare può, secondo le più recenti stime, ridurre del 39% le emissioni di gas serra (es. anidride carbonica, metano, biossido d’azoto) a livello mondiale entro i prossimi 10 anni [Circularity Gap Report, 2021].

Raggiungere una modalità di produzione e consumo circolare per rigenerare i propri flussi biologici e tecnici, come definiti dalla Ellen McArthur Foundation, è la scelta migliore per ristabilire gli equilibri del Pianeta, per garantire che lo scarto di qualcuno o qualcosa divenga nutrimento o materia prima seconda per qualcun altro e così via…

E su questa scia potremmo avvicinare lo schema base tipico dell’economia circolare proprio alla natura stessa e, nel nostro caso, alle piante e al florovivaismo tramite un altro concetto fondamentale: la Bioeconomia. Come? Semplice: proprio attraverso i flussi biologici rinnovabili, tra cui anche i rifiuti domestici alimentari e i rifiuti biodegradabili, che scoprirai a breve divenire risorse, per noi e per la terra.

Articolo di Alessandro Peruzzi |ing. industriale |economia circolare

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di Linea Verde Nicolini

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