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Il ruolo degli alberi per contrastare i cambiamenti climatici

Alberi, arbusti e specie vegetali tutte sono gli elementi che meglio rappresentano un ecosistema naturale che sia vivo e in salute, trasmettendo all’uomo anche un senso di piacere, di benessere e di pace interiore.

Gli alberi non sono semplici elementi, per così dire, decorativi di paesi e paesaggi; ma hanno un ruolo di fondamentale importanza per mantenere e garantire la vita di noi tutti, mondo animale e vegetale, mitigando gli effetti d’un cambiamento climatico imprevedibile e minaccioso. Costituiscono al contempo fonte vitale di sostentamento, alimentazione, energia e reddito…

E per meglio comprendere quale sia il ruolo delle foreste, dei boschi (ma anche solo d’un semplice arbusto) bisogna partire dalle radici, quindi da una sensibilizzazione che parta dal basso e dal locale: dalle generazioni più giovani, in particolare, da educare a migliorare le condizioni d’un sistema naturale che, ormai da anni, ci sta mettendo a dura prova.

Come una pianta che nasce dal seme piantato in terra – e che cresce, si fortifica, fiorisce e restituisce all’uomo i propri frutti o una folta chioma – allo stesso modo l’uomo deve crescere con l’idea di essere parte d’un sistema naturale forte, ma al contempo anche delicato, che lo ospita e con il quale occorre entrare in simbiosi.

PREMESSA INDISPENSABILE

È ormai evidente come negli ultimi anni il clima stia assumendo delle caratteristiche anomale, sia in Italia che nel resto del Mondo, provocando squilibri ambientali, alterando i processi naturali e il susseguirsi stabile delle stagioni, causando danni alle infrastrutture, alle attività economiche e alla sopravvivenza della specie umana in sé.

I segnali d’allarme non sono più avvisaglie deboli, bensì sintomi percepibili e visibili in maniera più che definita: ghiacciai che si sciolgono di anno in anno, alvei di fiumi prosciugati, condizioni di siccità prolungate, regimi pluviometrici scarsi o concentrati in poche ore/giorni l’anno con caratteristiche tipiche dei diluvi tropicali o monsonici, trombe d’aria simili a veri e propri tornado oceanici. A ciò va aggiunta, purtroppo, una serie di eventi catastrofici che hanno portato spesso a vittime e feriti, simbolo di una Natura che metaforicamente è amica e nemica dell’uomo.

Tutto ciò è imputabile a un cambiamento climatico che molto spesso assume il nome più comune di global warming, ossia ‘riscaldamento globale’, provocato dall’intensificarsi del cosiddetto effetto serra.

Quest’ultimo è un fenomeno naturale correlato al bilancio radiativo terrestre il quale garantisce lo sviluppo della vita, mantenendo una temperatura idonea alla crescita delle specie viventi. Tuttavia, negli ultimi decenni, l’effetto serra ha accelerato e si è reso più intenso. L’aumento si esprime in termini di temperatura media globale, in contemporanea alla crescita delle attività di origine antropica. L’impatto umano contribuisce così a rendere labile l’equilibrio e la sopravvivenza stessa delle biodiversità terrestri, foreste comprese, riducendo verosimilmente il tutto a un circolo vizioso.

L’innalzamento delle temperature – misurato per definizione dai livelli preindustriali, ma stimato storicamente e a livello scientifico anche nelle ere ancor più remote – è la conseguenza diretta dell’aumento delle emissioni di anidride carbonica; e più in generale dei gas ad effetto serra quali: metano, protossido di azoto, vapore acqueo e altri (in inglese, Greenhouse Gases-GHG). Le emissioni di CO2 sono poi originate sia da fenomeni di origine naturale (eruzioni vulcaniche, incendi, emissioni fuggitive, etc) sia dalle attività dell’uomo stesso.

Tali gas, come il nome stesso suggerisce, ‘schermano’ la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre (n.b. il bilancio energetico della Terra consta di una radiazione solare incidente e una uscente), ri-emettendola di nuovo all’interno della troposfera sotto forma di calore e innalzando la temperatura media oltre i livelli standard d’equilibrio. 

Ognuno dei gas citati in precedenza possiede un potenziale differente di contribuzione al fenomeno del riscaldamento globale, in gergo tecnico definito come Global Warming Potential (ad esempio, il metano ha un potenziale di circa 28 volte maggiore rispetto alla CO2, a parità di massa e nell’arco di 100 anni). Dunque, più la concentrazione di questi gas aumenta, più il fenomeno del surriscaldamento globale si intensifica.

La quota maggiore delle emissioni di gas ad effetto serra a livello mondiale deriva:

  1. dal settore energetico (per circa il 73%, compresi energia per i processi industriali e per i trasporti)
  2. per il 18,4% dal settore agricolo e forestale e dall’uso del suolo.

N.B. Le restanti quote percentuali vengono dalla gestione dei rifiuti e dai processi industriali diretti quali, ad esempio, la produzione di cemento e il settore petrolchimico [OurWorldInData]. 

L’anno 2020, a livello globale, è stato quello che ha fatto registrare un record nell’innalzamento della temperatura media, ossia 1,25° C più caldo rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900) preso a riferimento.

In contemporanea si registra un aumento costante della concentrazione di anidride carbonica con un picco di 413 ppm al 2020.

Secondo l’IPCC, acronimo di Intergovernmental Panel on Climate Change, le emissioni medie annue di gas serra sono aumentate del 54% rispetto ai livelli del 1990; e, se si continua con questo ritmo di crescita, si raggiungerà entro il 2100 un incremento di temperatura di 3,2° C con conseguenze sicuramente negative [Messaggi chiave del Sesto Rapporto IPCC, CMCC, IPCCforItaly].

Se si mantiene un sistema economico così strutturato e uno stile di vita assai poco responsabile e sostenibile, ondate di calore frequenti e periodi di siccità prolungata, innalzamento dei mari e inondazioni, danni ad ecosistemi e popolazioni saranno i principali rischi a cui si potrebbe andare incontro nei prossimi decenni.

La perdita di biodiversità, quindi il ridursi dei servizi ecosistemici gratuiti che ci offre la natura saranno causa anche di una perdita economica significativa, misurata sotto forma di una riduzione del PIL degli Stati e commisurabile in seguito con un tenore di vita e di benessere sempre più bassi.

VENIAMO AL DUNQUE…

Ci si chiede come in tutto questo panorama potenzialmente ‘catastrofico’ e fatto di interrogativi per il nostro futuro sul Pianeta, noi stessi possiamo renderci utili. E pertanto: come intervenire con il gesto più semplice e decoroso che possiamo compiere?

Scopo di ALBERI in festa è proprio quello di provare, in un pomeriggio d’inizio ottobre, a dare una risposta valida, tra le tante altre già promosse dalle varie istituzioni politiche e non.

La nostra risposta trae origine dal piccolo, dal locale e all’interno di un contesto quotidiano, quasi familiare del suggestivo parco arboreo de La Trinità a Capranica (VT). E si concretizzerà  nel  piantare un albero (ovvero un arbusto di qualsiasi tipo, per ciascun Amico e Cliente intervenuto), prendendosene cura affinché questo diventi un gesto nobile per un futuro migliore e sostenibile. Per noi e per le future generazioni.

Secondo le più recenti stime, poi, la capacità d’assorbimento delle foreste e dei prodotti legnosi italiani è pari a circa 19 milioni di tonnellate annue, con spazi di miglioramento assai più ampi [La bioeconomia delle foreste: conservare, ricostruire, rigenerare, Legambiente, 2020].

Molti studi scientifici mostrano come il ruolo delle foreste e dei boschi, definiti tecnicamente come pozzi di assorbimento del carbonio, è fondamentale nella mitigazione degli impatti climatici: ad esempio, solo i boschi europei riescono assorbire in media il 10% delle emissioni GHG annue [Il nuovo regolamento comunitario LULUCF: sfide e opportunità per il settore forestale italiano, rivista Forest@].

Se allunghiamo lo sguardo al resto del mondo e al polmone verde amazzonico (ahinoi sempre più sottoposto a deforestazione per far spazio alle monocolture!), la percentuale è ancora maggiore.

…E TANTO ALTRO ANCORA!

L’assorbimento della CO2 grazie ai processi di fotosintesi, quindi grazie al contributo alla compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra, è solo uno dei vantaggi che derivano da una piantumazione di specie vegetali e, più in generale, da una gestione forestale responsabile e sostenibile.

Infatti, le piante riescono a ridurre le isole di calore urbane tramite la termoregolazione dell’ambiente circostante, a prevenire i dissesti idrogeologici mantenendo la stabilità dei terreni, a ridurre lo smog e il particolato fine nelle aree densamente trafficate.

Un aumento della percentuale di vegetazione – in contesti urbani e non – riesce poi a garantire un aumento della biodiversità di insetti e altre specie animali e vegetali, a rappresentare una risorsa rinnovabile, riutilizzabile con cicli a cascata e versatile per sostituire materiali/combustibili ambientalmente molto più impattanti per una bioeconomia circolare efficiente sotto il punto di vista dell’utilizzo delle risorse.

IN CONCLUSIONE

Compensare così le emissioni di CO2 (ti rimandiamo al concetto di NetZero, agli obiettivi del GreenDeal europeo previsti per il 2030 e il 2050 e alla Legge Europea sul Clima) non significa che possiamo permetterci di estrarre, produrre, consumare con gli stessi ritmi di oggi; ma dobbiamo, noi stessi come cittadini e consumatori, propendere alla riduzione delle emissioni.

La piantumazione e la protezione delle superfici alberate, previste anche da una futura politica forestale europea e da una proposta normativa sul ripristino della natura, è un gesto che rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente: bisogna intraprendere un percorso che porti alla decarbonizzazione della produzione energetica e dei trasporti, alla riduzione dei consumi, all’efficientamento e all’ottimizzazione dell’economia mondiale. Insomma, un passo dritto e veloce verso l’economia circolare (!). 

A tutto ciò deve accompagnarsi uno stile di vita dei cittadini che sia sostenibile a livello ambientale, economico e sociale; quindi un cambio di paradigma a 360 gradi. Perché oggi siamo 6 miliardi, tra qualche decennio si stima che il Pianeta sarà abitato da 3 miliardi di persone in più…

Qualcosa sta cambiando, qualcosa dovrà migliorare. Ma saranno i tempi di reazione istituzionali, tecnologici ed economici a fare la differenza per poter mantenere l’aumento della temperatura del globo al di sotto dei 2° C. Ovvero ambire, con ancor più sforzo, a rimanere sotto 1,5° C di aumento.

Per concludere, citiamo il pensiero di Hoesung Lee, presidente dell’IPCC: “Siamo a un bivio. Le decisioni che prendiamo ora possono assicurare un futuro vivibile. Abbiamo gli strumenti, le conoscenze e le competenze necessari per limitare il riscaldamento” [Le evidenze scientifiche sono chiare: il momento di agire è ora. Possiamo dimezzare le emissioni entro il 2030. Comunicato stampa ufficiale IPCC 2022, versione italiana]

Articolo di Alessandro Peruzzi |ing. industriale |economia circolare

Di stagione in stagione.

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di Linea Verde Nicolini

Line Verde Nicolini
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